(La Repubblica/Salute) In un anno le ricerche sono esplose: una al congresso della società Europea di riproduzione umana (Eshre) 2012 di Roma, 31 a quello appena chiuso a Londra. Argomento: i frammenti di poche decine di “lettere chimiche” (nucleotidi) del codice genetico, minuscoli rispetto alle migliaia di un gene o i 6,6 miliardi dell’intero Dna. Sono i microRna e portano ordini tra i geni della stessa cellula o di altre cellule. I comandi sono: “accenditi”, “spegniti”, “accelera” o “rallenta” la tua funzione. Si stanno rivelando determinanti nei tumori, nelle malattie cardiovascolari e ora anche nella riproduzione. Qui si stanno scoprendo microRna che coordinano la formazione di gameti, il loro incontro, lo sviluppo dell’embrione, il suo impianto nell’utero e la sua sopravvivenza sino alla nascita.
I primi micro “messaggeri” sono stati avvistati una decina di anni, dando risposte a tanti misteri, e spalancandone altrettanti. Tra quelli risolti, il più importante è il Dna “oscuro”, quella parte di cui non si conosceva la funzione. Con la conclusione del progetto Genoma dieci anni fa sembrava tutto chiaro: il Dna umano contiene 6,6 miliardi di “lettere” e, date le dimensioni medie di un gene, si stimò che ne contenesse 100 mila, cifra consona alla complessità del nostro corpo e delle sue funzioni. Ma i progetti Genoma di altri animali abbassarono il numero stimato di geni umani a 22 mila circa. Un centinaio più delle scimmie, un migliaio più dei topi, il doppio di quelle cellule che fermentando, producono vino e birra (lieviti). Troppo pochi i geni in più dell’essere umano per spiegare il suo vantaggio evolutivo.
Cresciuta invece, con l’avanzare delle ricerche, la quota di quel Dna che non si sa a che serve. Da quasi assente nel lievito a ben il 98% nell’uomo, record assoluto nell’albero della vita. In questo Dna vi deve essere la capacità di regolare il funzionamento dei geni che nella specie umana tocca il massimo della potenza e della precisione. Ma il linguaggio che usa non è il “vecchio” codice genetico. Ci vorrà molto tempo per decifrarlo: oggi sono 50 mila i microRna individuati e da decodificare. Ed il loro numero cresce ogni giorno.
Sono circa 700 i microRna che, con le ultime ricerche, comprese quelle illustrate di recente a Londra, si è visto essere coinvolti nella procreazione umana. E da questi “figli del Dna oscuro”, e dai tanti altri che si scopriranno, si attende la soluzione dei grandi problemi connessi con la riproduzione artificiale e naturale. A cominciare dai pochi embrioni adatti all’impianto che si ottengono ad ogni ciclo di fecondazione artificiale. E dai quei tanti impiantati che non terminano la gravidanza. Costringendo la donna a riprovare e riprovare sino a che non esaurisce le forze o i soldi. O scade il tempo.